In un Paese normale il Ministro Piantedosi avrebbe già consegnato le sue dimissioni irrevocabili alla Presidente del Consiglio e avrebbe persino l’imbarazzo della scelta per motivare una tale decisone.
Potrebbe dimettersi per aver tradito le aspettative delle tante bestie con la bava alla bocca che hanno votato i partiti che lo hanno nominato sperando che iniziasse la “caccia al migrante” o che si attuasse un “blocco navale”. Da quando lui è al Viminale gli sbarchi sono triplicati e ora persino molti analfabeti funzionali iniziano a capire che i flussi migratori non dipendono dal colore politico del Governo, che non si possono fermare, che le Ong salvano solo una minima parte dei naufraghi.
Potrebbe dimettersi ammettendo le responsabilità del suo ministero sulla strage di Cutro, su quei soccorsi partiti con ore di ritardo e solo dopo il naufragio.
Potrebbe dimettersi prendendo coscienza, in un momento di lucidità, della gravità delle sue dichiarazioni quando affronta l’argomento: dal “carico residuale”, alle ultime indegne uscite sui bambini morti. Dichiarazioni che oltre a palesare una totale assenza di umanità e di empatia, mostrano la sua totale ignoranza rispetto al fenomeno e alle cause.
Potrebbe dimettersi, ma non lo farà. E non lo farà perché per farlo dovrebbe possedere una sensibilità che probabilmente è troppo al di sopra delle sue possibilità e di quelle di gran parte dei suoi colleghi. Una sensibilità che lo porterebbe a provare vergogna.