Le foto fatte con l’intelligenza artificiale che diventano virali su Facebook

Oggi vi parlo di qualcosa che avrete sicuramente notato, ovvero le foto prodotte con l’intelligenza artificiale che diventano virali su Facebook accompagnate da testi “acchiappa like”.

Un fenomeno preoccupante

Negli ultimi mesi Facebook si è riempito di post con foto prodotte utilizzando l’intelligenza artificiale. I soggetti sono più o meno sempre gli stessi: un bambino che mostra un disegno perfetto accompagnato da una frase tipo “È il mio primo disegno, non siate severi con me…”, oppure delle persone che lavorano nei campi accompagnate da una frase tipo “Nemmeno un ciao solo perché lavoriamo nei campi”.

Poi ci sono altri contenuti, soprattutto video, a sfondo religioso, ma quelli possono essere tranquillamente considerati “satira” o “intrattenimento”.

Il fatto è che si tratta di contenuti creati per generare movimento e soprattutto soldi, perché esiste una cosa che si chiama “bonus prestazioni” che paga i post più cliccati e condivisi su Facebook da alcuni profili.

Un metodo già rodato

È lo stesso metodo usato dalle pagine che diffondono contenuti pieni di falsità sul “come eravamo”, accompagnandoli con foto degli anni ‘60, ‘70, ‘80 e ‘90. Di questi post ho scritto in due articoli su Today.it, (primo articolosecondo articolo).

Quello che colpisce è la quantità di commenti di persone che non capiscono la finzione, ma pensano che l’immagine e il pensiero siano reali e non prodotti artefatti.

In pratica c’è chi sta guadagnando sfruttando l’ignoranza di una fetta della popolazione. Nulla di nuovo se ci pensiamo, ma fa impressione la modalità.

È una conseguenza dell’altissimo numero di analfabeti funzionali che popola questa striscia di terra, una piaga che diventa sempre più evidente col passare del tempo e si manifesta anche alle elezioni, trainando il consenso di alcuni partiti di cui spesso parlo.

Che dire… viviamo in un’epoca all’insegna della decadenza, dove il disagio di tante persone produce facili guadagni e tanti voti.

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