venerdì 27 Dicembre 2024
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Tony Effe e il concerto di Capodanno, quanti errori

Per non creare il caso sarebbe bastato semplicemente non invitarlo. In generale, non si può assecondare tutto quello che piace al presunto "popolo", perché in mezzo al presunto "popolo" c'è tanta feccia

Due parole sul “caso” di Capodanno. Se i testi delle canzoni di Tony Effe non erano adatti al concerto di fine anno organizzato dal Comune di Roma, perché giudicati sessisti e pieni di riferimenti alla violenza sulle donne, non doveva proprio essere invitato. E quindi il primo errore, il più grave, è stato chiamarlo su quel palco.

Sbagliato trasformarlo in un martire

Il secondo errore è stato “censurarlo” annullando tutto, perché a quel punto lo trasformi in un martire e ti becchi anche le defezioni degli altri cantanti. Il terzo errore è stato concedergli lo spazio per il concerto “vendetta”, che ovviamente farà il pienone. Detto questo, continuare a pensare che per migliorare questo Paese e questo mondo, che sta sprofondano nel letame nero, la soluzione sia imporre ai trogloditi di comportarsi come persone perbene, è un altro gravissimo errore.

In mezzo al “popolo” c’è tanta feccia

Iniziamo a dire che non tutto quello che è “popolo” – dove per “popolo” si intende solo la parte meno agiata e meno alfabetizzata della popolazione, sbagliando – è qualcosa che va assecondato in ogni sua manifestazione, cantanti compresi. Le borgate romane, ad esempio, sono piene di feccia. E la feccia non va inseguita perché bisogna stare con il “popolo”, semmai si deve valorizzare, intorno a quella feccia, chi feccia non è. Nella speranza che la parte migliore di quel “popolo” si imponga e trasformi un po’ di quella feccia in qualcosa di decente.

La sfida è culturale

Se si pensa che le canzoni di un cantante siano violente e piene di messaggi negativi, la cosa da fare è molto semplice: non ascoltarle e ignorarlo, anche se piace al “popolo”, perché in mezzo al “popolo” c’è tanta feccia. E bisogna cercare, al contempo, di valorizzare i cantanti migliori e le persone migliori che ascoltano le loro canzoni.

Le città invisibili

“L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio”. (Italo Calvino)

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