Due parole sul “caso” di Capodanno. Se i testi delle canzoni di Tony Effe non erano adatti al concerto di fine anno organizzato dal Comune di Roma, perché giudicati sessisti e pieni di riferimenti alla violenza sulle donne, non doveva proprio essere invitato. E quindi il primo errore, il più grave, è stato chiamarlo su quel palco.
Sbagliato trasformarlo in un martire
Il secondo errore è stato “censurarlo” annullando tutto, perché a quel punto lo trasformi in un martire e ti becchi anche le defezioni degli altri cantanti. Il terzo errore è stato concedergli lo spazio per il concerto “vendetta”, che ovviamente farà il pienone. Detto questo, continuare a pensare che per migliorare questo Paese e questo mondo, che sta sprofondano nel letame nero, la soluzione sia imporre ai trogloditi di comportarsi come persone perbene, è un altro gravissimo errore.
In mezzo al “popolo” c’è tanta feccia
Iniziamo a dire che non tutto quello che è “popolo” – dove per “popolo” si intende solo la parte meno agiata e meno alfabetizzata della popolazione, sbagliando – è qualcosa che va assecondato in ogni sua manifestazione, cantanti compresi. Le borgate romane, ad esempio, sono piene di feccia. E la feccia non va inseguita perché bisogna stare con il “popolo”, semmai si deve valorizzare, intorno a quella feccia, chi feccia non è. Nella speranza che la parte migliore di quel “popolo” si imponga e trasformi un po’ di quella feccia in qualcosa di decente.
La sfida è culturale
Se si pensa che le canzoni di un cantante siano violente e piene di messaggi negativi, la cosa da fare è molto semplice: non ascoltarle e ignorarlo, anche se piace al “popolo”, perché in mezzo al “popolo” c’è tanta feccia. E bisogna cercare, al contempo, di valorizzare i cantanti migliori e le persone migliori che ascoltano le loro canzoni.
Le città invisibili
“L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio”. (Italo Calvino)
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