Sono diversi anni che definisco “girasagre” l’attuale vicepresidente del Consiglio e leader della Lega, Matteo Salvini, ma non ho mai spiegato nel dettaglio il motivo del nomignolo, che oltre a definirlo come persona a suo agio negli eventi paesani a base di cibo, spiega anche il suo singolare modo di approcciare alla vita pubblica.
Quei nomignoli che ormai non si usano più
Doverosa premessa: negli articoli che scrivo per i giornali per cui lavoro, non utilizzo mai questo nomignolo. Un po’ perché l’editoria moderna, soprattutto quella digitale, si presta poco (nostro signore Google indicizza il nome del politico, non i suoi soprannomi), un po’ perché gli editori moderni non amano queste libertà stilistiche. Insomma, oggi difficilmente Giulio Andreotti sarebbe denominato “Belzebù” su un pezzo di politica né tantomeno su un titolo in copertina: già il “Giggino” utilizzato nella storia recente per Luigi Di Maio faceva storcere il naso a qualche giovane direttore di testata.
Torniamo al girasagre. Come detto, oltre a definire colui che gira per sagre di paese mangiando tutto il mangiabile, il termine racconta di un utilizzo improprio del suo ruolo pubblico da parte di Matteo Salvini. È un fatto che da ministro dell’Interno e vicepremier dal primo governo a guida Giuseppe Conte le sue presenze in ufficio si contassero sulla punta delle dita. È un fatto che – come ha spiegato bene il collega Aldo Cazzullo – oggi sia il peggior ministro dei Trasporti dall’invenzione della ruota.
Perché girasagre?
Il girasagre, insomma, utilizza il suo ruolo, il suo potere e le risorse che gli mette a disposizione lo Stato per una perenne propaganda. Registra continuamente video per i social, presenzia a eventi in cui non avrebbe neanche senso la sua presenza. E poi mangia, mangia, mangia. Il girasagre è una forma di antipolitico che non fa politica ma passa il suo tempo a produrre contenuti per chiedere voti alla parte più regredita del popolo. A quella che tende a credere alle idiozie sui migranti e apprezza il politico che parla come si parla in osteria. Che parla, appunto, come si parla alla sagra della salsiccia piccante.
Il mio appello all’Accademia della Crusca
Ormai il termine girasagre è sempre più utilizzato e questo mi inorgoglisce molto. Ho contato ben due interventi di deputati in cui il ministro dei Trasporti viene così definito. E molte persone commentano sui social chiamandolo così. Lancio quindi un appello all’Accademia della Crusca. Visto che il termine “amichettismo” coniato dall’amico Fulvio Abbate è stato ormai elevato a “parola di uso comune”, chiedo di fare lo stesso con girasagre. Ovviamente non c’è bisogno di menzionare per forza Matteo Salvini, perché temo che con il popolo che ci ritroviamo di girasagre in politica ne vedremo sempre più.
Consigli per gli acquisti